La Consulta decide sull’ammissibilità dei referendum proposti

La discussione nel merito in commissione Giustizia alla Camera riparte in questi giorni, mentre in Aula il testo è calendarizzato per la fine di marzo. Un verdetto di ammissibilità, vedrebbe probabilmente calendarizzati i referendum in primavera, in coincidenza con la consultazione amministrativa.

Approda oggi alla Corte costituzionale la decisione sull’ammissibilità degli 8 referendum promossi da Lega, radicali e Associazione Coscioni. Sei di questi legati ai temi della giustizia, uno al fine vita e uno agli stupefacenti. Il giudizio è destinato ad avere un impatto immediato sulla cronaca politica perché molte delle materie oggetto dei quesiti riguardano il sistema elettorale per il rinnovo del Csm, ma soprattutto l’ordinamento giudiziario, sui quali da pochi giorni il consiglio dei ministri ha formalizzato le sue proposte.

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Sul diritto di visita decide il giudice di merito – Corte di Cassazione – Ordinanza n. 24937/2019

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Affido condiviso non vuol dire trascorrere il medesimo tempo con entrambi i genitori. La regola, infatti, non esclude che il figlio possa essere collocato prevalentemente presso uno dei due genitori con uno specifico regime di visita per l’altro. Ed è il giudice di merito a stabilire in concreto le modalità di esercizio del diritto di visita sempre nel rispetto dell’esclusivo interesse del minore. È quanto ha affermato la prima sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 24937/2019.

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Le motivazioni delle Sezioni unite sulla rilevanza penale della commercializzazione dei derivati della “cannabis light”

Cass., Sez. un., 30 maggio 2019 (dep. 10 luglio 2019), n. 30475, Pres. Carcano, Est. Montagni, ric. Castignani

 

In data 10 luglio 2019 è stata depositata la motivazione della decisione assunta dalle Sezioni unite il 30 maggio 2019, relativamente alla commercializzazione dei derivati della c.d. “cannabis light”.

Le Sezioni unite hanno affermato il seguente principio di diritto: «La commercializzazione al pubblico di cannabis sativa L. e, in particolare, di foglie, inflorescenze, olio, resina, ottenuti dalla coltivazione della predetta varietà di canapa, non rientra nell’ambito di applicazione della legge n. 242 del 2016, che qualifica come lecita unicamente l’attività di coltivazione di canapa delle varietà iscritte nel Catalogo comune delle specie di piante agricole, ai sensi dell’art. 17 della direttiva 2002/53/CE del Consiglio, del 13 giugno 2002, e che elenca tassativamente i derivati della predetta coltivazione che possono essere commercializzati, sicché la cessione, la vendita e, in genere, la commercializzazione al pubblico dei derivati della coltivazione di cannabis sativa L., quali foglie, inflorescenze, olio, resina, sono condotte che integrano il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90, anche a fronte di un contenuto di THC inferiore ai valori indicati dall’art. 4, commi 5 e 7, legge 242 del 2016, salvo che tali derivati siano, in concreto, privi di ogni efficacia drogante o psicotropa, secondo il principio di offensività».

 

È reato di appropriazione indebita non restituire i beni all’ex coniuge

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52598 del 22.11.2018, si è occupata della spinosa questione in merito alla configurabilità del reato di appropriazione indebita in caso di mancata restituzione dei beni all’ex coniuge dopo la separazione.

In particolare la Suprema Corte ha respinto il ricorso della ex moglie proposto avverso la sentenza della Corte d’Appello di Lecce che aveva confermato la condanna della stessa per il reato di cui all’art. 646 c.p.

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Ritorna il criterio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” per la determinazione dell’assegno divorzile.

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Con l’ordinanza n. 4523 del 14.02.2019, la Corte di Cassazione, nel confermare una pronuncia della Corte d’Appello di Catania, ha ripreso il criterio del “tenore di vita goduto in costanza di matrimonio” ai fini della determinazione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge.

Con la nota pronuncia della Suprema Corte n. 11504 del 10.05.2017, viene innovato il pregresso orientamento di legittimità all’esito di un percorso argomentativo che mette al centro il principio di auto responsabilità dei coniugi sullo sfondo di una concezione dell’istituto del matrimonio in linea con i tempi, così abbandonando il parametro del pregresso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio per adottare il nuovo criterio basato sull’adeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge richiedente l’assegno e sulla possibilità di procurarseli. Continua a leggere

SOSTANZE STUPEFACENTI: configurabilità della lieve entità ex art. 73 comma 5 del d.p.r. N. 309/1990 nei casi di detenzione di sostanze stupefacenti tra loro eterogenee

Con la Sentenza n. 51063 del 9 novembre 2018 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno  risolto due dibattute questioni in materia di detenzione di sostanze stupefacenti, ovvero se la diversità delle sostanze detenute, a prescindere dal loro dato quantitativo, osti alla configurabilità dell’ipotesi di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5 del D.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e se la detenzione contestuale di più sostanze integri un unico reato oppure una pluralità di reati in concorso formale od in continuazione tra loro.

Il caso sottoposto al vaglio della Suprema Corte riguardava un imputato ritenuto responsabile per  detenzione di più sostanze tra loro eterogenee e, precisamente, marijuana, hashish e cocaina. Continua a leggere

Fondo patrimoniale: addio impignorabilità dei beni conferiti.

Il fondo patrimoniale è un istituto giuridico disciplinato dall’art. 167 c.c. in base al quale i coniugi possono riservare una parte del loro patrimonio a tutela dei bisogni della famiglia. Può avere adFondo-Patrimoniale oggetto sia beni immobili sia mobili iscritti in pubblici registri o titoli e tali beni rimangono di proprietà dei coniugi e gli eventuali frutti dagli stessi prodotti devono essere utilizzati per far fronte ai bisogni della famiglia. Inoltre non possono essere venduti né dati in pegno senza il consenso di entrambi i coniugi e, se ci sono figli minori, è necessaria l’autorizzazione del giudice per necessità o utilità evidente. Ma la conseguenza più importante di tale istituto giuridico è che i beni del fondo patrimoniale non possono essere oggetto di procedimento esecutivo e quindi aggrediti da eventuali creditori personali dei singoli coniugi.

Tale tutela non vale per tutti i tipi di debito, ma solo per quelli volti a soddisfare esigenze diverse dai “bisogni della famiglia” in quanto, per le obbligazioni assunte per le necessità familiari, possono essere aggrediti anche i beni oggetto del fondo patrimoniale. Continua a leggere

Se la Chiesa dichiara nullo il matrimonio, stop all’assegno di mantenimento.

 

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Il matrimonio concordatario ovvero quello celebrato in Chiesa, con effetti anche civili, può essere dichiarato nullo da una sentenza del tribunale ecclesiastico, se sussistono alcuni motivi di particolare gravità, espressamente previsti dal Codice di Diritto Canonico, che permettono di considerarlo, quanto agli effetti, come se non fosse mai stato celebrato.
Si ricorda che, tra i più frequenti motivi di nullità del matrimonio ecclesiastico, vi sono l’esclusione di una delle finalità essenziali del matrimonio ovvero incapacità per insufficiente uso di ragione, incapacità per difetto di discrezione di giudizio, incapacità per cause di natura psichica, ignoranza, errore sulla persona del coniuge, dolo, condizione, timore o l’impotenza dell’uomo o della donna.
Una volta ottenuta la pronuncia di nullità del matrimonio da parte del tribunale ecclesiastico adito, è necessario ottenere anche il riconoscimento di tale sentenza al fine di procedere all’annotazione presso i registri dello stato civile. Continua a leggere

DIVORZIO: ASSEGNO DI MANTENIMENTO NEL CASO IN CUI IL CONIUGE BENEFICIARIO INSTAURI UNA NUOVA CONVIVENZA.

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In base all’art. 5, comma IV, della Legge 1 Dicembre 1970, n. 898, con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale può disporre l’obbligo di somministrare periodicamente l’assegno di mantenimento a favore del coniuge che non abbia mezzi adeguati di sostentamento o che comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive.

Tale somma sarà determinata tenendo conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, nonché del reddito di entrambi.

L’art. 5 della predetta Legge, al comma X, prevede altresì che l’obbligo di corresponsione dell’assegno cessi nel caso in cui il coniuge beneficiario passi a nuove nozze, fermo restando l’obbligo di provvedere al mantenimento dei figli.

Tuttavia non è stata prevista una disciplina per le ipotesi in cui il coniuge instauri una convivenza di fatto senza convolare a nuove nozze.

Si è reso pertanto necessario l’intervento della Corte di legittimità per meglio definire tali casi.

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Quando, secondo la Corte di Cassazione, le intercettazioni sono idonee a giustificare il carcere preventivo

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Le intercettazioni se «chiare» e «non ambigue» sono sufficienti a giustificare la misura cautelare del carcere quando fondano l’accusa di partecipazione ad una associazione mafiosa. La II Sezione penale della Cassazione, presieduta da Piercamillo Davigo, con la sentenza n. 17158 del 17 aprile 2018, a due mesi e mezzo dalla entrata in vigore (il 26 gennaio scorso) del Dlgs n. 216/2017 recante “Disposizioni in materia di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni” (in attuazione della delega contenuta nella legge 103/2017), conferma il ruolo chiave delle captazioni come strumento di indagine. I giudici, confermando la decisione del Gip del Tribunale di Caltanissetta, hanno così respinto il ricorso dell’indagato che aveva sostenuto la natura «neutra» delle conversazioni registrate. In sede di riesame, il Tribunale aveva invece accolto l’istanza contro il secondo capo di imputazione – possesso di un’arma da sparo – «ritenendo il quadro indiziario, fondato su una sola conversazione intercettata, insufficiente a ritenere sussistente l’ipotesi di reato». Continua a leggere